venerdì 20 novembre 2009

La vita nei tavolini di un bar


Non so cosa sia degno d'importanza e cosa meno.
Io più mi guardo intorno e più mi convinco del fatto che la gente è cieca.
La gente passa, non osserva, non si ferma e magari torna indietro, mai. È come se avessero dei paraocchi che non gli permettessero di guardarsi intorno.
La gente non vede mai al di là del proprio naso, questo credo.
Io credo nel diverso. Credo che un giorno forse riuscirò a liberarmi dalla consapevolezza di sapere quanto è profonda, può far male una ferita.
La gente talvolta osserva, scruta, critica. Ecco, le persone, credo, farebbero molto meglio a tentare di aprire il cuore ed osservare con quello.
Io sono strana, diversa. Ne ho preso cosapevolezza da tempo e da tempo vivo questa mia "vita in difetto" non curadomi si loro: io vedo oltre, vedo veramente.
Perchè tutto è sacro, tutto ciò che ci fa star bene è degno di considerazione. Pesate, per un'Inca, una fontana era sacra se lui amava farci il bagno.
Cosa vedo? Vedo da un lato questa mia generazione zero, senza obbiettivi, valori, curiosità, cieca, povera generazione di gallie stranazzanti incapaci d'intedere e volere.
Dall'altro il mondo, lì, a due passi. La vita. La vita in un libro dimenticato su una panchina, nel profumo della zuppa che è autunno, in una poesia, nei tavolini di un bar.
Tutto è sacro. Osservate.

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