domenica 28 giugno 2009

Neve a giugno...

E così anche la nostra ribelle si era finalmente decisa, ed era partita.
Era partita sola, con il cuore pieno che sembrava volesse scoppiare da un momento all'altro.
Aveva visto la neve, quel giorno, la neve a giugno...
E quella neve andava a sciogliersi contro le pareti del suo, come già detto (ma scusate perché ultimamente la nostra pazza sembrava dolce come una di quelle caramelle appiccicose di quando era bambina) cu0re.
Così, mentre sola aspettava l'orario di cena, ripensava al sogno che aveva fatto l'atra notte.
Quel sogno dove veniva rincorsa, quel sogno dove non aveva risposto:
"Io sento il mio sangue pulsare in te."
Non aveva risposto a quell'"Alis mi piaci un casino!"
Si era lasciata trascinare via dalla corrente.
Eppure ora le mancava, ecco, aveva avuto il coraggio di ammetterlo a sè stessa: le mancava.
Le mancava come la neve che, tuttavia, aveva avuto la fortuna di vedere: d'estate.
"Anche tu mi piaci!" Sarebbe bastato questo.
Un casino?
Non lo sapeva, ma che volete, la nostra Alis viveva il tempo dei sogni e come aveva detto quell'altro scherzosamente "delle mele"...
No, non lo sapeva se era un casino, o più...
Voi sapete quanto amore avete dentro? Un chilo? Un litro?
Nn lo sapete, eh?!
Sapeva solamente che sentiva il suo sangue pulsare in lei, lo poteva quasi vedere quel sangue che andava a sciogliere la neve di giugno sulle pareti del suo cuore.

giovedì 25 giugno 2009

Non sono una maleducata...


Lui era partito.
Lui era partito e lei, quella sera, cosa che non faceva da tempo, aveva fotografato il tramonto d'un cielo minaccioso di pioggia estiva.
Si aspettava un bel temporale, di quelli che picchiano sui vetri delle finestre e purificano l'aria permettendo di vedere più in là, fin al mare, fantasia permettendo.
Un bel temporale sui fatti degli ultimi giorni che non la toccavano minimamente; lei era al di sopra di qualsiasi offesa.
Offesa che laltra, come usano i conigli, le aveva scritto e, al suo invito a digliele in faccia, le cose, aveva tentato di ribattere in un modo che poco si addice ad una giovane creatura, citando ed offendendo la sua casa.
E per la nostra amica, la casa si trovava al pari della famiglia. Ciò che la faceva sorridere era il fatto che,codardamente, avesse poi concellato codeste parole... Azione che la diceva lunga su quell'alta...
Sul volto di Alis si dipingeva una smorfia di compassionevole disgusto, compassionevole perché lei si era elevatae le azioni dell'altra non la potevano nemmeno sfiorare, e disgusto per gli ostentati tentativi, sempre di quell'altra, di mettersi in mostra scopiazzando a destra e manca, suscitando così solamente pena e ribrezzo.
La sua fortuna (dell'altra s'intende), era stata che l'amica di Alis non l'avesse raggiunta, quel giorno. Proprio quell'amica che sosteneva suddetta moda, era pronta (a dirla come recita una canzone) ad "apettarla in piazza con la mazza" e, aveva aggiunto, un paio di amici.
Pertanto Alis non aveva cancellato quel commento ("bene o male, purché se ne parli"), per poter tornare a sorridere ancora e ancora pensando al fatto che a parole non si costruisce il mondo, la propria vita, non si saltano ostacoli. Tanto meno se queste parole non vengono, ribadisco codardamente, enunciate in presenza fisica del ricevente. Alis era una ragazza di poche parole ma di molti fatti, l'altra era il classico esempio di "tutto fumo e niente arrosto". Alis non aveva quindi bisogno d'insultarem d'inventarsi mari e monti, di distorcere la realtà per poi ribadire di non, mio Dio, esser maleducata.
Certo, lei non aveva voluto vincere, semplicemente non aveva voluto perdere, ed il fatto di trovarsi dalla parte della ragione,in posizione avantaggiata, dove nulla la poteva scuotere, era di fatti una vittoria.

martedì 23 giugno 2009

Little girl, little girl, why are you crying?

Erano stati cinque giorni pieni. Cinque giorni di vento e nuvole, giorni all'insegna del caos.
E ora come ora faticava a dormire, o crollava all'istante in un sonno senza sogni, mentre "il cielo stava cadendo", così come tutte le sue certezze che andavano dissolvendosi come neve al sole di giugno.
Ella possedeva un cuore che trasudava dolore, come un campo arido dopo un temporale estivo, mentre quegli occhi cristallini come certi cieli del nord si iniettavano di sangue e mostravano la sua anima tappezzata dai sensi di colpa.
Sarebbe partita, quella domenica: scappava per ritrovare sè stessa, lontano da quel caos che tanto le era caro.
È incredibile alle volte come sia il troppo caos a schiacciarci a terra, a lasciarci fissare il mondo con la faccia di chi ha appena visto partire il traghetto...

sabato 20 giugno 2009

Scegliere il proprio destino...


Bene o male, prima o poi, ognuno di noi si trova innanzi ad un bivio.
Certo, potrà tentare di evitarlo, tornare indietro magari, ma prima o poi si troverà a dover decidere che strada intrapparendere.
C'è sempre stata gente fermamente convinta che ognuno di noi, o meglio, che la vita di ognuno sia nelle mani del destino.
Io credo fermamente nell'opposto. Certo, capita che quando entra in gioco il destino non siamo più noi a scegliere.
Eppure ci sono scelte imposte dalla ragione, che il cuore non dovrebbe mai prendere, e in amore, come nella vita, tutto è frutto delle nostre decisioni.
Bisogna fermarsi, ascoltarsi, e decidere cosa è meglio per noi, che strada intrapprendere.
Anche se quest'azione apparentemente semplice potrebbe comportare pomeriggi passati distesi sul letto a fissare il soffitto, lasciando che le lacrime scorrano silenziose e sciolgano il trucco, lasciando crollare i palazzi della ragione, i nostri credo...
Io troppe emozioni tutte insieme non le reggo.
E se magari capita che seguire la ragione significhi prendere magari la strada più giusta, ma andando contro tutto ciò in cui abbiamo sperato, tutto ciò che abbiamo da sempre desiderato...
Benvenga il cuore!
Io la mia scelta l'ho fatta...
E voi?????

giovedì 18 giugno 2009

Forse cambiati, certo un po' diversi ma con la voglia ancora di cambiare...


Ma sì, iniziamola così quest'estate: testa che gira, gambe che tremano e talvolta nausea.
Perché così mi sento dopo la nottata di ieri. E così provo a dormire, accorgendomi di stare piangendo.
Piango perché tutto è finito così come è cominciato a settembre, per la paura che sia per sempre, ma la paura, in fondo, non esiste.
Essite questa tremenda insicurezza verso tutto, tutti. Esiste da quando nella mia vita non ci sono più le mezze misure, quel grigio che sta bene con tutto? Passato di moda, rilegato in un qualche magazzino e dimenticato.
E no, in effetti non è paura, è che non sono abbastanza forte, per gli addii, per le scelte.
Eppure già mi contraddico: io sono forte, sono piû o meno viva e sono qui, ora. E il futuro non so se ce lo costruiamo noi o se è già prefissato, la seconda opzione mi tranquillizza e mi lascia piombare in un dormiveglia che è tipico di nottate bianche, dove senti " le vene piene di ciò che sei" e non c'è nulla di meglio che essere sè stessi, ora come ora. Anche se ciò potrebbe mettere in discussione tutto il tuo mondo, costruito sulle certezze più stabili, ovvero quelle già prefissate, quelle universali. Bisogna vivere d'eccezioni, per confermarne la regola.
L'errore non esite, la vertià è l'ignoranza degli illusi.

Però credo che tutto ciò non finirà, e chi ha detto che una classe si deve dividere dopo nove mesi sofferti sui libri?
Perché ogni storia ha il suo finale, ma nella vita il finale non è nient'altro che un inizio.

sabato 13 giugno 2009

Fiabe a lieto fine di alieni e di robot...


Perché tutto ciò che ella cercava, in serate come queste, dove la schiacciava la consapevolezza che tra pochi giorni sarebbe finito tutto, e innanzi a sè di prospettava un'estate nella norma, passata a vendere gelati, un'estate malinconica in città fatta di giornate da morire dalla noia e altre troppo corte..
Ella cercava solo qualcuno che le inventasse fiabe a lieto fine, che le parlasse di alieni e di robot, sotto un cielo come quello di Van-Gogh...