giovedì 24 settembre 2009

Di vivere ce ne accorgiamo raramente...


Non credo sia importante che la felicità sia più o meno eterna.
Credo che di tale felicità valga la pena anche anche solo uno squarcio, un secondo: di vivere, ce ne accorgiamo raramente.
Mi capita in queste serate autunnali, quando in città s'alza una leggera brezza sotto lo scricchiolio delle foglie e a me giunge questo profumo dolce-amaro di caldarroste; le stesse che da bambina ero solita divorare a pacchetti interi.
Penso che valga la pena essere felici al momento e credo pure fermamente che forse ci piace soffrire, s'intenda non siamo sadici verso il nostro io, la nostra anima...
Semplicemente alle volte senza dolore può capitarci di sentirci vuoti, d'esser spogliati da qualsiasi scudo che ci protegga da un dolore più profondo (chiodo scaccia chiodo), provocato dalle persone.
La gente non è crudele, salvo in rare occasioni; è che proprio non ci arriva.
E c'era pure un detto, se non mi sbaglio...
"Perchè continuo a farmi del male?"
"Perchè è meraviglioso quando smetto di farlo."
Io ora sono libera, foglia secca al vento. Ho perdonato i miei nemici, pur tenendo a mente i loro nomi...
Mi piacerebbe solo un'altro po' di libertà, ecco. Mi piacerebbe divertirmi nuovamente in serate di risate, parole e sogni.
Sorrido e mi sento anche una stupida, talvolta; sorrido innanzi a me, alla piazza vuota, mentre sprofondo nella morbidezza della sciarpa che mi avvolge il collo, e mi godo il profumo d'autunno.
Io ho sempre amato questa stagione.

sabato 5 settembre 2009

E come luna...


Sta notte c'è la luna piena, sapete? Ma ne sono accorta quando ho chiuso la finestra..
E pensare che come luna mi basterebbe un lampione di questa via dove già soffia un vento autunnale che scuote gli alberi e s'infila sotto i giacchetti.
Io non la voglio questa luna, va bene?! E anche quei puntini luminosi lassù, le stelle, anche quelle non servono.
Alzo il volume della mia vita, della mia musica per tentare d'isolare, non sentire, mettere a tacere questo vento.
Ho fatto gandi cose e ultimamente sono cambiata molto. Ho capito la differenza che c'è tra tenere una mano ed incatenare l'anima, ho bagnato e nutrito di luce la mia pianta, mi sono presa cura di me stessa tamponandomi le ferite che ora si sono cicatrizzate quasi totalmente. Eppure...
"The same mistake, again" mi suona nelle orecchie. Lo stesso errore, nuovamente; sì: io ho paura di commetterlo.
C'è già stato prima chi mi ha spinta giù dalla scala per il paradiso, ferendomi terribilmente; chi mi ha lasciata a metà strada, incapace di proseguire, mi sono seduta ad spettare per anni.
Così ho sviluppato questa sindrome dell'abbandono e una certa ricetta per salvarmi la vita, che mi permette di non soffrire eccessivamente.
Non è paura, è piuttosto la consapevolezza di non riucire a sopportare nuovamente un tale dolore: io ho ali fragili.
Ma ora di questo vento, di scrivere sono stufa: ora voglio un po' più di dolcezza, poesia.

mercoledì 2 settembre 2009

Il banco vince sempre


Bisogna fare i duri. La vita ci insegna a costruire un muro ben spesso tre le nostre emozioni, i nostri reali sentimenti e le altre persone.
Il fatto è che come insegnante è spietata e oltremodo rigida: ci fa provare almeno una volta sulla nostra pelle cosa significa amare.
Chiunque abbia amato porta una cicatrice, vero, e per questo abbiamo paura delle ferite. Sì, quando veniamo colpiti dall'amore, la prima volta è magnifico: sprizziamo gioia da tutti i pori e lo urliamo al mondo intero ciò che proviamo; putroppo quando tutto finisce ci vediamo spogliati dei nostri sentimenti più segreti, più belli e ci sentiamo usati, vuoti, come una sigaretta fumata, fumata senza un'amico.
Così costruiamo un muro alto e robusto; un muro tra ciò che proviamo, che siamo, tra i pensieri ed i sentimenti che custodiamo e le altre persone a cui essi sono rivolti.
Perché? Perché al solo pensiero di un'altra delusione rabbrividiamo, perché forse pensiamo di essere meno forti di ciò che in effetti siamo, e che gli altri credono dato che così facendo diamo l'impressione dei "duri"...
Però, alle volte, credo che ci siano dei momenti dove varrebbe la pena aprire il proprio cuore e mostrare ciò che si prova, dire ciò che si pensa; momenti rari in cui ci si deve giocare tutto per tutto, anche se di è fermamente convinti che: "il banco vince sempre".
Una medaglia ha sempre due facce, basta prenderne consapevolezza in un modo o nell'altro.
Bisogna imparare a mostrarsi senza avere paura della reazione della gente e cui si tiene di più al mondo.
Bisogna tuttavia essere duri, senza mai perdere la tenerezza.