mercoledì 28 gennaio 2009

Distortion

Sto imparando a vivere. Vivere nei sogni e accettare la realtà
come una fase di transizione.
Si può morire. Tutti moriremo, almeno una volta, crescendo.
Per poi resuscitare.
Non è detto che ciò sia positivo, si può migliorare peggiorando.
E il riuscire a conquistare la libertà di poter rinascere, è uno degli scopi fondamentali per non soccombere.
Ora sono fermamente convinta che sia possibile vivere morendo e mamare odiando.
Queste consapevolezze improvvise, illuminismi lampanti,
vanno e vengono sul mio volto.
Fuori dal tempo.
E lì vi esprimono un sentimento tra sdegno e stupore, che so bene cosa significa.
Significa che tutto è passato in un fulmine, che il sogno è svanito all'alba.
Come sempre, in un battere di ciglia, e che non c'è altro.
È tutto qui.
Così mi trovo a convincermi circa la realtà...
E non mi bastano i sogni.

lunedì 26 gennaio 2009

I colori

Ok. Adesso basta.
Adesso è ora di tirare fuori i colori.
Basta con tutto questo nero. È ora di un bello psico-dramma,
ovvero il distacco dai modelli predefiniti.
E chi mi ama non mi vuol correggere, ovunque io vada.
In fondo si tratta solo di essere buoni o cattivi.
E chi mi vuol bene non mi ferisce. Così ho portato la mia anima
lontano da chi la contamina. E alla svelta. E non si può tornare indietro.
E l'indifferenza è mille volte meglio della vendetta.
E la gente è conarda. A essere espliciti ci si mette in gioco. Si scende sul ring.
Non ho voluto vincere. Semplicemente non ho voluto perdere.
Tutto qui. Chi mi ama mi segua e se mi fermo sparatemi. Però ogni tanto
fatevi anche i cazzi vostri.
Potrei migliorare peggiorando.
E, per quanto riguarda l'amore...
Non ho più la forza di fargli ciò che ha fatto a me.
Non lo cerco e non ne parlerò più. Almeno per un po'...
Ora ho i colori.
"E il tuo principe?" "Ah, dimenticavo, l'ho trovato."

venerdì 23 gennaio 2009

"E se non passa?"


Lei, a volte fin troppo sincera, ma così amica, gliel'aveva detto un mucchio, un pacco in gergo adolescenziale, di volte.

Non è che Alis era, mio Dio, innamorata; non era nemmeno da pensare che!

Semplicemente era restata un po' sconvolta, cazzo.

“Passerà.”

Ma alla nostra pazza ciò sembrava impossibile.

“E se non passa?”

Poi quell'altra, che ora girava testa china, aveva messo in giro certe voci...

Ma sbisciate e prese per il culo non ci riguardano. Il fatto è che la vecchia Alis aveva proprio accusato il colpo.

Voglio dire, lei era la più ribelle di tutti, e da un giorno all'altro ce la ritroviamo poeta e disertrice dei suoi pomeriggi domenicali vuoti e nihilisti, sdraiata senza scarpe sul tappeto della sua camera, sguardo fisso al soffitto, impotente e con la pazzia per amica e la morte come guardaspalle.

Con la consapevolezza che il punk, la sua oramai vecchia ragione di vita, il metal, l'unico amore di altri, la new wave e così via, non fossero poi così diversi tra di loro; dietro a tutti c'è la droga.

Perdonatela, anzi, no. Ma quella stupida era arrivata a pensare che fossero solo, già s-o-l-o musica.

Poi arrivava il lunedì e si accorgeva che no, non le era ancora “passata”.

Stupida cotta tardoadolescenziale.

Poi, del resto, passavano i giorni anche nel soffocante e bigio Liceo di Bellinzona. E tornava domenica, e arrivava il pomeriggio.

E, hai voglia.

Così, ingoiava e mandava giù pastiglie di vita. Perchè, ammettiamolo, il mondo fa schifo. E ci stanno ingannando tutti. Sia quelli cattivi che quelli santi.

E alla fine son poi tutti maledetti allo stesso modo. Pensava. Poi si perdeva nuovamente. E piangeva, rideva istericamente, si disperava.

E di nuovo a parlare sottovoce al telefono con lei, sia mai che la Mutter si aggiri nei paraggi...

Così sorprendersi a farsi la stessa, logorrica, inutile domanda.

“E se non passa?”


Oggim però, l'aria è cambiata. Se n'è accorta. C'è già voglia di carnevale, coriandoli e bignè allo zabaione. Come potete darle torto, sui bignè allo zabaione?

Fattostà che aveva voglia di questo febbraio che stava arrivando, trascinandosi con sè un lungo strascico di struggenti ricordi di quel ch'era un'anno fa.

Una vita fa.

E s'era comprata una giacca nuova, sapete? Come se ciò potesse aiutare a, non dico dimenticare, ma perlomeno vivere nel presente. L'aveva indossata, era andata a scuola. E, arrivata in classe, la nostra tardoadolescenziale confusa s'era fatta per l'ennesima volta quella domanda.

Quella fottuta e maledetta domanda.

“E se non passa?”

Ma, oggi, c'era del nuovo. E sedendosi al banco se ne accorse.

“Era passata.”

martedì 20 gennaio 2009

Confusione tardoadolescenziale


La vecchia Alis, la frangia finalmente lunga tanto da coprirle mezzo viso,
tanto da poter nascondere quegli occhi ultimamente molto lucidi,
ma che volete?! È il vento...
Occhiaie e una scatola di Kleenex battezzata "Jack".
Non era messa molto bene, converrete.
Pensava a gennaio dell'anno prima, quando le riusciva, sapeva ancora vivere.
Poi pensava che forse se non pensava avrebbe resistito di più.
E subito dopo si domandava se non fosse vero che quando si vuole soccombere, allora,
si resiste più a lungo.
Poi si contraddiceva chiedendosi se non fosse il pensare stesso a tenerla in vita...
Confusione tardoadolescenziale.
Così la sua mente s'incamminava nuovamente verso i ricordi di quando ella era disposta
a mettere coscienza e controcoscienza sotto la suola delle scarpe, perdonatemi, degli anfibi,
e cercare solo quel che la faceva sentire felice. Che la faceva star bene. Che la faceva ridere.
Viva. Cresta viola da punk periferico e voglia di morder la vita come una torta di mele calda, col gelato alla vaniglia che si scioglie sopra.
Ma ricette varie ed economia domestica non ci riguardano.
E, è ben noto, che se non si riesce a far qualcosa ci manca un ingrediente.
Niente torta. E a lei mancava il saper vivere.
Sen'era volato pure quello stupido 2008. E già sapeva di vecchio come il suo libro di poesie di, perdonatela e poi fucilatela pure, Baudelaire.
Tutt'altra faccenda confronto ora.
Dove non sa nemmeno spiegarsi quel violento sentimento che scorre nelle sue vene, nei confronti di quell'altro disgraziato.
Amore? No. Non lo chiamerei così, e non lo chiamerebbe nemmeno lei in questo modo.
Amore è incondizionato, amore è libertà, amore è anarchia e gioia.
Lei si sente incatenata ogni giorno di più a terra, vedendolo. Come un cane alla catena.
E lui, con quel suo trascinarla nella folla, nella vita, la sta trascinando sulla strada per l'autodistruzione.
La nostra Alis non sa come sia successo, se ne vergogna molto e trova imperdonabile il fatto di amarlo. Mio Dio... Amarlo... Diciamo il fatto di essere la sua vittima.
Che errore madornale, converrete, ma che volete che vi dica?!
Doveva pur succedere a quest'età...
Così ora con falsa indifferenza si allontanerà da lui e strapperà le radici di un'assurda gelosia, romperà le sue catene e sarà libera.
È solo una vittima innamorata del suo carnefice...
Ma lei è pazza?
In definitiva, è all'inizio di una strada che non va da nessuna parte?
È all'inizio di una strada che porta in alto?
È nel gruppo? È fuori dal gruppo?
Mah. Buonanotte.

domenica 18 gennaio 2009

Ferita


Osservo il sangue,
la tua ferita che in me
non cicatrizza mai.
E rido, sull'orlo del precipizio,
all'angolo di ciò che è successo;
e fa lo stesso.
Io che t'amo, quale penitenza,
t'imploro di non sorridermi
più. Smettila di trascinarmi
dalla parte
della vita.
Ti prego. E intanto il sangue
scorre.
È come morire, resuscitare
e vivere. E ridere. Riderne.
All'angolo della banalità, sotto
la pioggia battente.
Ho in tasca frammenti del mio
cuore.
Capaci di felicità
impossibili...
E il mio amore,
la mia morte, rovina,
per te. Mio boia.

martedì 13 gennaio 2009

Analisi di coscienza ore 04.32


"Cado spesso ultimamente..."
"Allora, forse significa che non hai toccato il fondo."
"C'è un'altro fondo, credo, quando ci sembra d'aver toccato il fondo, il fondo che siamo noi stessi a cercare, quello che scaviamo con le nostre mani. La fine di tutto, la nostra rovina."
"Allora alzati, lavati il viso e corri fuori. C'è il sole."
"Non ne ho più la forza...
E dentro piove."

venerdì 9 gennaio 2009

Dietro Le Spalle...


"Ma mamma, così facendo il tuo amico si renderà ancor più ridicolo!"
"Ma non posso farci niente..."
"Beh, digli che alle volte è meglio rendersi ridicoli da soli che farsi rendere ridicoli da qualcun'altro."
"Alle volte la gente che tenta di ridicolarizzarti è la prima a fare brutte figure."
"Sì mamma, ma alle volte ti fa fare brutte figure, come dici tu, o meglio ti mette a disagio nei confronti di qualcun'altro inconsapevolmente."
"Allora non ragiona o è insensibile."
"O semplicemente parla troppo. La gente parla, parla e parla finchè non trova qualcosa da dire. Farebbe molto meglio a chiudere il becco!"

Vorrei sprecare due parole su una questione che mi fa incazzare, se così si suol dire, ovvero quella di venir fraintesa e ritrovarmi in una situazione di disagio ed imbarazzo per mano, o meglio dire, bocca altrui.
È orribile quando tieni stretti i tuoi pensieri, i tuoi segreti e poi li ritrovi già svelati. Da qualcuno di cui ti fidavi.
È così terribile che per primo istinto ne diresti o daresti quattro a quella persona.
Soprattuto se questa, pochi istanti prima, ti ha fatta sentire in colpa di non , mio Dio, parlarle più, di trascurarla e che quella non è gelosia ma dispiacere.
Certo. Come no. Beh, allora diciamo che la mia non è rabbia ma istinto omicida.
Ora devo sbloccare tutta 'sta situazione del cavolo. E non ne ho nemmeno la forza nè tanto meno la voglia.
Devo parlare con lei, con lui. Lei che non dovrà proprio ribattere nulla.
Lui che... Non so. Credo che non gli parlerò nemmeno più. Gli lascerò credere quello che vuole, giusto o sbagliato che sia. Anche se penso sia sbagliato. Ma non importa, non più oramai.
Non mi sono aspettata, non ho mai preteso nulla. Anche se sarebbe bastato poco. Sarebbe bastato trascinarmi un pochettino fuori da questa depressione; sarebbe bastato strapparmi anche per pochi attimi alla solitudine.
Ora mi basterebbe non essere in questa situazione.
Ma ciò che è stato è stato. No. Non piango sul latte versato ma a questo punto prendo la tazza e la spacco a terra. Con un tonfo sordo.
Rotta in mille pezzi perchè non si possa più incollare. Perchè non possa più tornare com'era prima come una qualsiasi reazione fisica.
E anche se si tenterà d'incollarla resterà sempre quella crepa. Quella stramaledetta crepa sarà lì per sempre come una cicatrice indelebile sui polsi; sarà lì a ricordare tutti i momenti passati che non saranno mai più.
Grazie a quella persona che ha causato ciò. Già. Grazie tante.
È ora di girarmi e cambiare la mia direzione, come la velocità negativa a fisica.
E non è un tornare indietro, perchè non si può, perchè quella cicatrice, quel segno non te lo permettono; no, è un ricostruire sulle macerie di una vita.
A partire dalle pastiglie, dai medici, dalla cartella clinica lunga una vita, da chi veramente ti vuole bene e magari ti ascolta piangere per più di un'ora al telefono senza dire nulla o dicendo cose che ti aiutano, chi non ti lascerebbe mai seduta al buio in disparte su una sedia coi sonniferi in circolazione, e perchè no, provando a far ritornare nella tua vita chi si sta rovinando. Aiutarlo, perchè quella persona ha aiutato te trascinandoti nei tuoi ideali, nella folla, nella musica, nella vita.
Già. Credo che lentamente ricomincerò a ricostruire.
Anche se mi sento incazzata, fraintesa, delusa.

giovedì 8 gennaio 2009

Analisi di coscienza ore 01:23


"Così, infine, anche l'altro ha trovato il tanto sospirato amore."
Mi dissi.
"Forse gli è giunto proprio nel momento in cui ha cessato di volerlo.
Come dono degli angeli."
Pensai.
"Quando la speranza gli si è spenta, come una candela al vento."
"Ma allora per trovare l'amore..."
"Bisogna cessare di cercarlo.
Abbandonare le ricerche e le speranze e con esse ancor le illusioni."
"Sono anni che non ho più speranze.
Gli angeli non mi considerano."
"Alis, tu vivi d'illusioni." Mi risposi.
"Quindi per l'amore dovrei abbandonare, sacrificare quel sottile filo, quel debole barlume che ancor mi tiene in vita?"
"Lascia andare tutto."
"Così sarebbe un condannarmi a morte certa."
"L'amore dal momento in cui ci sceglie, ci viene donato, è la strada che conduce alla fatal quiete.
Puoi forse provare il contrario?
Mai fu esistito sentimento più crudele e subdolo. O mi sbaglio?"
Riflettei, sempre tra me stessa.
"No. Non mi sbaglio."
"Ora vado a disilludermi..."

domenica 4 gennaio 2009

Sola tra la folla



Faccio fatica, veramente.
Pure la penna si rifiuta s'esprimere, d'imprimere su carta questo dolore, questa voragine che sembra non volersi chiudere mai più.
Il dolore di non essere in grado di volare, di queste ali che tanto non ricresceranno.
Non ricresceranno più.
Forse è veramente troppo tardi per delapidare tutto. Per salutare tutti.
Per parlare ancora con tutti. Con lei, con lui.
Il solo pensare a mercoledì mi fa morire.
So già. Testa bassa, capelli sul viso e avanti. Arriverà sera. Molto probabilmente.
È come se non fossi più qui. Se non fossi più io...
E non ci sono scuse che reggono, non più.
Non è vero che scrivo solamente per sfogarmi, era vero tempo fa.
Tempo fa era tutt'altra storia.
E mi vengono i brividi, veramente.
Tremo ai ricordi. A ricordare. Era meglio, gennaio dell'anno scorso.
Quando mi divertivo a pasticciare l'agenda scolastica con frasi delle canzoni degli articolo 31, quando giravamo sotto la pioggia in tre e ci facevamo inzuppare da cima a fondo dalle auto.
Poi febbraio, carnevale, quando mi emozionavo ancora.
Marzo, non mi ricordo molto di marzo... Ah lo sciopero delle officine, forse.
Aprile, quando sprizzavo vitalità da tutti i pori e scrivevo "C'è abbastanza mondo per me?".
Maggio, andavamo spesso a Luga... "Che c'è?" "Non te lo dico."
Giugno, profumo di vacanze estive quando il futuro era una nave tutta d'oro che pregavamo ci portasse via lontano.
Poi arrivò l'estate...
Luglio, il mare, la montagna, le risate e tanta voglia di vivere.
Agosto, le canzoni degli articolo 31 come dici tu "cantate a squarciagola in strada".
Settembre, la nuova vita, lo stress iniziale del liceo.
Ottobre, i quindici e tante lacrime.
Novembre, nuovi amici e tanto vuoto dentro.
Dicembre ...

Perchè quest'analisi? Non lo so.
Ma ricordare mi fa sempre più male.
Non piango più. Faccio veramente fatica.
E sarebbe meglio, sapete?
Se riuscissi ancora a sfogarmi. Ho imparato a sorridere falsamente troppo bene.
Non credo che ci sia un motivo in particolare, qualcosa che mi abbia ridotto così..
Credo piuttosto che siano una miriade di motivi accumulati.
E forse questa è la goccia che fa traboccare il vaso.
Il fatto stesso di rendermente conto comporta un dolore ancora maggiore.
Non sempre uno meno uno fa zero. E il dolore si somma.
Così, ora, mi preparo per mercoledì.
Mi preparo ad indossare la mia logora maschera.

giovedì 1 gennaio 2009

Tè e zwieback


E vai via. Così potrò ricordarmi di quei sorrisi, di quei piccoli gesti, quando ti volevo bene perchè mi avevi strappata alla solitudine; perchè se facevi una battuta, come in un film che non mi ricordo, ti giravi sempre a guardare se eri riuscito a farmi sorridere; perchè eri strano come me; perchè come potevo non volerti bene?
Ora lasciami morire. Ti prego.
Se mi vuoi bene lasciami andare. Ma non guardarmi, non voltarti. Non potrei sopportarlo.
Prendi con te il mio amore, le tue scarpe, e vattene.
Ma tu mi vuoi bene?
-Non lo so.-
Non credo, non più, almeno. E della risposta ho paura.
Sembra impossibile però che tu vada via. Sembra impossibile ma questa è già nostralgia.
Così prima tremavo, piangevo, ti amavo...
Ora non fa più differenza. Non fa più differenza nulla.
Voglio solamente lasciare andare tutto e tutti. E dormire. Non ho più la forza, la testardaggine d'un tempo per fare alla vita, all'amore, ciò che ha fatto a me.
E se alzo gli occhi al cielo non vedo più stelle.
Prima avevo bisogno di qualcuno che mi suturasse le ferite,
che inventasse per me favole a lieto fine.
Ora non basta nemmeno più ciò, credo, non so.
Pure il mio ultimo sogno se n'è svanito.
Non c'è più trucco.
Era bello, accucciata sul bordo di quel letto, sonniferi in tasca, il mio viso reso cattivo dagli occhi nascosti dai capelli e dal trucco, nero. Per una volta non mi ero ammalata io. Già, era vero.
"Sono malata per altri motivi."
Aggiungerei: "Sono allergica alla vita ed immune alla morte."
Non ce la faccio veramente più. Da oggi, poi, sono ulteriormente malata pure io.
Ma non c'è nessuno seduto al bordo del mio letto. Non importa. Non ho bisogno di te, di tè e zwieback e comunque non me li passerebbe nessuno.
Nausea e basta. Mi rimane solo ciò.
E grazie. No. Non a te.
A lei, che ha ascoltato il mio ultimo sfogo. Non ho più forza per piangere.
Domani sarà solo un'altro giorno. Dovrò trovare qualcosa da dire, qualcosa da fare, non sono sicura di riuscirci.
Però mi ripeto che sono forte. Già. Ma non ne sono più convinta da tempo oramai.
Domani proverò a dimenticare tutto. E domani uscirà il sole. Ma dentro me piove.
E non accenna a smettere.
Così me ne vado, scappo. E sono sempre più sicura che mi sbagliavo. Tu non mi vuoi bene.
Non mi tratterresti nemmeno più. Io non scappavo mai.
Ma il tempo passa. E si cambia. Ma il cambiamento può diventare pericoloso.
Non ci si può opporre al fato. Ora ci conosciamo bene e non ci capiamo mai.
E tu, tu non mi vedi nemmeno più. Siamo sempre insieme ma non ci cerchiamo mai.
Non importa. Perchè io, lentamente, me ne vado.
Ah, un'ultima cosa.
Perdonami per averti amato. Ciò mi ha tenuta in vita per un po'. Che trappola mortale.